Leggere i classici ad alta voce: un dialogo con Arianna Gaudio

Quando ho saputo che il corso di letteratura a cui stavo lavorando con Natascia Tonelli, L’onesta brigata di Loescher editore, avrebbe avuto anche una versione audio, ho subito pensato che sarebbe stato un grande privilegio far leggere l’opera ad Arianna Gaudio, attrice e autrice esperta di ascolto, di lettura e di racconto orale, una delle voci che preferisco tra le non molte che si dedicano alla difficile arte della condivisione di storie ad alta voce. Devo ringraziare il redattore Filippo Doveri e la direzione editoriale per aver assecondato ed esaudito questo desiderio, e il cantautore, musicista e produttore Filippo Gatti – che insieme al sottoscritto si è tra l’altro alternato a Gaudio nella lettura di alcuni testi – per aver realizzato concretamente le centinaia di file audio che corredano l’opera.

Ho incontrato Arianna Gaudio il 1° ottobre a Follonica in occasione della lettura scenica del racconto “Dei mortali” di Orson Scott Card, musicato da Gabriele Coen su progetto della regista Lisa Ferlazzo Natoli. Ne ho approfittato per farle alcune domande, che poi ho rimesso insieme in questo breve dialogo.

Come è stato leggere così tanti classici della letteratura tutti di seguito?

Rileggerli da grande e ad alta voce mi ha emozionato tantissimo. Ci sono stati dei momenti in cui piangevo rileggendoli, quasi incredula dell’effetto che ancora riuscivano ad avere su di me.  D’altronde i classici vanno letti più volte in varie età della vita, in modo da dare loro la possibilità di dirti cose nuove. Ti danno stimoli, ti portano altrove, avanti e indietro nel tempo, non solo nel tempo storico ma anche nel tempo della memoria, delle prime letture scolastiche, che in qualche modo si riattivano. Rileggerli, soprattutto, è una spinta in avanti, verso il futuro. Ne leggo tante di cose ad alta voce, ma i classici della letteratura hanno una funzione particolare, un livello di complessità e di ricchezza che ti consente di scoprire sempre qualcosa.
E poi lasciami dire che sentire la tua voce che legge un classico della letteratura ti fa sentire bene, è quasi un motivo di vanto e di orgoglio con sé stessi. 

Ci sono state delle opere che ti hanno emozionato più di altre?

Oddio, per cominciare mi ha sconvolto il ciclo dei vinti: i brani tratti dai Malavoglia e da Mastro don Gesualdo sono strazianti. Mi ricordo che Verga mi aveva ammazzato anche a scuola. Poi mi sono molto divertita rileggendo la Commedia di Dante, e anche con i Promessi sposi. E che bello leggere la vita di Dante o quella di Leopardi: non sono le solite storie che ci venivano raccontate a scuola, c’è un’aria nuova, una prospettiva diversa, una maggiore attenzione all’esperienza umana e alla funzione della scrittura letteraria nella vita delle persone.

Di recente ti ho visto all’opera anche nei corsi di formazione sulla lettura ad alta voce per insegnanti. Qual è la cosa più importante che dobbiamo sapere su questa pratica?

Ovviamente bisogna prepararsi, in modo da facilitare la comprensione di opere anche complesse e difficili. Chi ascolta una lettura ad alta voce deve trovare la risoluzione di una serie di dubbi e domande. Fondamentalmente bisogna sempre ricordarsi che si legge per essere ascoltati e quindi occorre cominciare proprio da qui, dalla pratica dell’ascolto. Io ho sempre ascoltato, a cominciare dalla radio. Con mia madre, a casa o nel negozio di fiori, ci godevamo gli originali radiofonici. C’erano le voci di attori e attrici, ma anche i suoni prodotti dai rumoristi, che contribuivano a farti immaginare l’ambiente e le scene.

Imparare ad ascoltare: è un bel messaggio per chi intraprende il mestiere di insegnante. E allora mi permetto di suggerire la lettura del tuo libro La scoria infinita, pubblicato da Stampa Alternativa e scaricabile gratuitamente. Quando l’ho letto per la prima volta ho pensato: che grande ascoltatrice dev’essere quest’autrice! 

Grazie, mi fa piacere che si parli di questo libro: è frutto di questi ultimi mesi, che cominciano a essere anni, trascorsi tra Roma e Grosseto, a bordo di mezzi di trasporto o in altri spazi pubblici in cui io trascorro il tempo mettendomi in ascolto. È così che raccolgo le storie, evitando di guardare le persone ma ascoltandole attentamente e immaginandole. Poi scrivo e interpreto, e imparo sempre qualcosa da ogni ascolto. Ascoltare insegna tanto, ti aiuta, ti fa crescere. Ed educa all’ascolto. Insegna ad ascoltare gli altri.

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