Il bambino-vittima, l’insegnante-orco e il genitore-eroe: un attacco alla libertà di insegnamento e alla scuola pubblica

In questi ultimi giorni alcune testate giornalistiche che fanno riferimento a partiti politici di destra stanno conducendo una violenta campagna contro un editore scolastico italiano, accusato di aver pubblicato un libro di geografia per la scuola secondaria di primo grado contenente affermazioni che metterebbero in una luce positiva l’immigrazione e sponsorizzerebbero la legge sullo Ius soli.

Il linciaggio ha inizio con l’articolo Lo spot allo ius nel libro di scuola: “Immigrati sono indispensabili”, scritto da Giuseppe De Lorenzo e pubblicato da «Il Giornale» il 28 settembre 2017:

«Basta poco per plasmare la malleabile mente di un bambino, propenso com’è a credere a quasi tutto quello che gli viene proposto dagli insegnanti. 

Ecco perché ogni volta che un genitore porta un figlio tra i banchi dovrebbe controllare i libri di testo. Non per verificare la data di nascita di Napoleone, ovvio. Ma per essere certo non gli vengano inculcate nozioni stravaganti o idee buoniste considerate da ampi strati della “cultura” come la verità rivelata».

Sono sufficienti queste poche righe per creare una cornice narrativa. Un bambino, ci dice l’autore, è una creatura semplice, plasmabile e fondamentalmente credulona: una potenziale vittima degli adulti. Gli insegnanti, quasi fossero i cattivi delle favole, sono degli antagonisti dei bambini, pronti a “inculcare” idee o nozioni che i genitori – che in questo schema recitano la parte degli eroi, i salvatori – devono verificare puntualmente.

Una volta instaurato questo schema, il gioco è fatto. Il lettore che si riconosce nella figura del genitore è già preso nella rete: egli è l’eroe buono che, grazie al suo acume e con l’aiuto dei giornalisti, dei politici e di tutti coloro che sono disposti a sostenerlo nella sua missione, è chiamato a salvare il bambino, suo figlio, dall’insegnante-orco, il comunista che mangia i bambini.

Adesso il lettore è pronto a recepire le informazioni e a interpretarle secondo quanto desiderato dalla testata.

«In questi anni infatti pare vada di moda sponsorizzare l’immigrazione sin dalla pubertà. Volete un esempio? Eccovi serviti. Prendete la collana “Zoom. Geografia da vicino” edito dalla Loescher Editore di Torino. I tomi scritti a tre mani da Luca Brandi, Guido Corradi e Monica Morazzoni vengono proposti per le scuole secondarie di primo grado (tradotto dal burocratichese: le medie). In prima si studia “Dall’Italia all’Europa”, in seconda “L’Europa: Stati e istituzioni” e in terza “I continenti extraeuropei”. Nulla da dire sulla qualità del prodotto. Sembra tutto nella norma, eppure sfogliandolo pagina dopo pagina si arriva a scoprire che presenta gli stranieri come una “indispensabile” risorsa per il Belpaese e che sponsorizza, velatamente, l’approvazione dello ius soli.

Vi chiederete: perché un testo scolastico dovrebbe spiegare ad un bambino di 11 anni che l’immigrazione è cosa buona e giusta? Risposta logica: non c’è motivo. Eppure succede.»

La scelta di usare la domanda retorica è degna di nota. De Lorenzo in questo passo prende per mano i suoi lettori per portarli esattamente dove vuole, e probabilmente dove sono sempre stati: dalla parte degli oppositori alla scuola e ai suoi strumenti educativi, tra cui figurano i testi scolastici, che qui sono messi sotto accusa con l’intento di colpire la credibilità dell’intero sistema scolastico e, soprattutto, degli insegnanti, veri responsabili delle adozioni del libri di testo e, soprattutto, del loro uso nella didattica.

«È una forma neppure nascosta di indottrinamento politico», fa eco al «Giornale» il «Secolo d’Italia» in un articolo redazionale del 28 settembre. E di “indottrinamento” parla anche Davide Romano su «Il primato nazionale», dove si legge tra l’altro:

«Quella che è chiaramente una visione di parte (seppur caposaldo del pensiero unico), viene spacciata per una verità rivelata. Tra l’altro abbracciando tutti i cliché buonisti più ricorrenti. L’immigrazione è una “risorsa” perché “ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare” (tradotto, nessuno vuole cambiare il pannolone agli anziani o fare il manovale per una paga da fame, e allora ben vengano i nuovi schiavi che così “ci pagano le pensioni”) e, se la “convivenza non è semplice”, non è magari anche a causa del degrado portato dagli immigrati clandestini nei nostri quartieri o delle quantità spropositate di denaro che lo Stato destina all’accoglienza (a scapito dei servizi agli italiani), ma perché non si integra abbastanza e non si approva con rapidità lo Ius Soli, puntando anche a suscitare l’emotività dei bambini.»

Si sta parlando di un paio di schede contenute nel libro, che non analizziamo nel dettaglio perché lo ha già fatto in modo soddisfacente il fondatore del blog www.butac.it (BUfale Un TAnto al Chilo), nell’articolo Lo spot allo ius soli sui libri di scuola del 29 settembre. L’autore dell’articolo mette alla berlina uno dei metodi più usati dai costruttori di bufale e in generale dagli haters: la decontestualizzazione. La scheda di cui si parla, infatti, è un approfondimento inserito in un contesto ben più ampio dedicato all’immigrazione, e non andrebbe letta in modo isolato, come se riportasse verità assolute. Lo stesso giornalista non risparmia neppure delle legittime critiche agli autori, i quali avrebbero potuto – e sono ancora in tempo a farlo per le prossime edizioni – distinguere in modo più chiari i fatti dalle opinioni.

Ma ai giornalisti fin qui citati non interessa il diritto di critica, e difatti evitano di argomentare e preferiscono raccontarci la storiella degli insegnanti che, con la complicità degli editori (e chissà di quali forze oscure!), corrompono i bambini al fine di farli diventare “buonisti”. Quanto è difficile, per il genitore, aiutare il figlio ad attraversare il bosco-scuola! È così che si contribuisce alla costruzione della sfiducia nella scuola e quindi nello stato. Un’operazione culturale a cui prendono parte di volta in volta giornali di destra e di sinistra, progressisti e conservatori, e che stavolta è strettamente correlata – in modo assai poco responsabile – alla campagna elettorale permanente che siamo costretti a subire come spettatori paganti.

Ciò che colpisce di questo particolare attacco, infatti, non è tanto il pretesto trovato – lo Ius soli – quanto semmai l’obiettivo individuato: la libertà d’insegnamento, sancita dall’articolo 33 della Costituzione e comunque necessaria affinché sia garantito, attraverso la formazione culturale dei singoli, l’ordinamento democratico della nazione. Invitando i genitori a controllare i libri di testo scelti dagli insegnanti, infatti, si mette in discussione l’autonomia dell’insegnante, il quale – aiutato dagli editori e dagli autori di libri di testo, che a loro volta godono della libertà di espressione e sono responsabili delle idee espresse davanti alla legge – è obbligato a fare delle scelte di cui è sempre responsabile. Mettere in discussione la sua capacità di scelta, accusandolo implicitamente e preventivamente di voler indottrinare i bambini, significa sostanzialmente intimorirlo, metterlo in guardia, minacciarlo. Fargli capire – come già è successo con la campagna antivaccinista – che il popolo è superiore anche alla scienza, che non esistono esperti che possano imbrogliarlo e che, in fin dei conti, ciascuno è in grado di far da sé, senza bisogno di ricorrere all’aiuto della comunità.

In questo disperato solipsismo, costruito ad arte da partiti e gruppi politici che ormai sembrano aver abdicato, in nome del populismo, anche agli ideali di destra, è sempre più difficile insegnare qualsiasi cosa, poiché insegnare senza che gli altri siano disposti a imparare e, quindi, a cambiare, è un’impresa titanica.

Infine, per chiudere con una nota tecnica, a dimostrazione che per ragionare di scuola, come anche di libri scolastici, qualche conoscenza specifica occorre averla, si ricorda che i risultati di apprendimento della scuola secondaria di primo grado sono definiti dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione (2012), documento ineludibile per chiunque – insegnante, autore, editore, genitore o semplice giornalista – voglia occuparsi seriamente di questi argomenti. Nella sezione dedicata alla geografia si legge: 

La geografia studia i rapporti delle società umane tra loro e con il pianeta che le ospita. È disciplina “di cerniera” per eccellenza poiché consente di mettere in relazione temi economici, giuridici, antropologici, scientifici e ambientali di rilevante importanza per ciascuno di noi. 

In un tempo caratterizzato dalla presenza a scuola di alunni di ogni parte del mondo, la geografia consente il confronto sulle grandi questioni comuni a partire dalla conoscenza dei differenti luoghi di nascita o di origine famigliare. 

La conoscenza geografica riguarda anche i processi di trasformazione progressiva dell’ambiente ad opera dell’uomo o per cause naturali di diverso tipo. La storia della natura e quella dell’uomo, però, si svolgono con tempi diversi: i tempi lunghi della natura si intrecciano, spesso confliggendo, con quelli molto più brevi dell’uomo, con ritmi che a volte si fanno più serrati in seguito a rapide trasformazioni, dovute a nuove prospettive culturali o all’affermarsi di tecnologie innovative.

La geografia è attenta al presente, che studia nelle varie articolazioni spaziali e nei suoi aspetti demografici, socio-culturali e politico-economici. L’apertura al mondo attuale è necessaria anche per sviluppare competenze relative alla cittadinanza attiva, come la consapevolezza di far parte di una comunità territoriale organizzata. Tuttavia, poiché lo spazio non è statico, la geografia non può prescindere dalla dimensione temporale, da cui trae molte possibilità di leggere e interpretare i fatti che proprio nel territorio hanno lasciato testimonianza, nella consapevolezza che ciascuna azione implica ripercussioni nel futuro. 

Altra irrinunciabile opportunità formativa offerta dalla geografia è quella di abituare a osservare la realtà da punti di vista diversi, che consentono di considerare e rispettare visioni plurime, in un approccio interculturale dal vicino al lontano. 

A queste indicazioni, e non ad altre, devono rispondere, a norma di legge, l’insegnante e l’editore.

«A noi, il dovere di tentare di essere onesti, sinceri, equilibrati impedisce le facili scorciatoie concesse ad altri», ha scritto Sandro Invidia, direttore editoriale di Loescher sulla «Ricerca». Tutto il resto è una fiaba, certo non edificante, dai toni più o meno minacciosi e oscuri.

Un commento

  1. Ottimo articolo simone. Dovrebbe essere visibile sui giornali di cui parli e in cui straparlano certi giornalisti. Purtroppo non è un mondo equo il nostro. Forza così. Abbiamo bisogno di menti sveglie ora più che mai

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