Gianni Cacciarini, Garibaldi, 1999 (particolare)

Zac zac

Certi uomini non sono fatti per morire, ve lo dico io. Ci sono uomini che sono immortali e si vede e loro lo sanno, sono al corrente dei loro poteri e li sfruttano e ci sfruttano a noi, poveri comuni piccoli mortali. No… non mi dite… non lo sapevate ma no… di sicuro tutti… facevate finta tutti… tutti lo sanno… anch’io l’ho saputo da un altro che già lo sapeva… certo… di certo immortali… come se li avessi visti io… d’altra parte anche mio nonno dovreste vederlo che impressione… distrugge ogni cosa che passa… che sta in mezzo fra lui e la sua fine… la morte insomma… per adesso non se ne parla nemmeno… è una pellaccia è proprio duro… è veramente veramente un duro… non come il legno di più di più… come un’erezione ecco… è più appropriato più vitale… più sanguigna come metafora vi pare… non proprio immortale ma duro ancora come un’erezione… di quelle dei tempi migliori…un highlander nostrano che sta nella mia terra e la protegge… per sempre e da sempre… nei secoli… tanto la spada ce l’ha… nonno sta’ attento alle spalle e zac… zac zac… e tutto è messo a posto… figliolo scava una buca laggiù nella concimaia che c’è dell’altro concime fresco che si deve maturare… macerare lentamente… questa è la carne mortale… mica il sangue o il ferro l’oro l’acciaio o l’acqua pura… carne da frollare in attesa dei vermi e delle mosche… ma i tre puntini non sono di Céline?… sì nonno ma vedi poi il trattino sarebbe di Kerouac e io non sono immortale… ci ho il sangue poco buono… sono carne ancora fresca ma per poco… e allora… chi me lo fa fare… io mi butto da una parte e poi col tempo si vede… figliolo continua a scavare quella buca che si sente puzza… il fatto è che se si scava se si comincia a far buche per terra dico… non si sa che si trova di sotto… che cosa salta fuori… e allora… tanto si deve sbaraccare tutto qua sotto alla svelta… e allora ho pensato chi me lo fa fare… io faccio saltare tutto oppure… oppure… lascio tutto qua sopra in superficie… a marcire e seccare… che il sole spacca tutto e rigenera le cose anche più morte… che schifo… che schifo la morte… la vita allora… la vita che bellezza… un virtuosismo per i comuni mortali e gli immortali tanto… un vezzo un vizietto un tè delle cinque e i pasticcini… e mio nonno non è proprio immortale e io sono fragile… più fragile di lui… e devo spalare scusate sennò s’arrabbia… chi lo sente… non è per lui la fossa no… no di certo… è per togliere questa puzza schifosa di marcio… che qui fa schifo tutto e ci si marcisce anche noi… si deve stare attenti… per me ci dovrebbe pensare il sole ma la terra è sua e io scavo che sono l’erede e la puzza fa schifo anche a me che credete… lasciatemi fare che qui ci si rimette tutti… scava figliolo scava… un giorno tutto questo sarà tuo… e sotto la merda troverai la carne marcita e poi la merda ancora più vecchia e tutto tutto insieme non dà che concime per la terra e il trattino di Kerouac e i puntini di Céline e la balena bianca e pinocchio e il Trissino e la sintassi latina più sotto… là in fondo… attenti a non rovinarla… professore va tutto bene laggiù?… vuole che le passi lo scalpello… la livella la pala la rotella metrica una sonda… sì adesso l’aiutiamo… ragazzi aiutate il professore a risalire… che c’è non la possiamo recuperare?… va bene ragazzi va tutto bene cominciate a issare… su… issa issa… che tutto fa brodo… non mi vanno gli scavi l’archeologia… meglio il concime e allora spalo spalo ma non per far buche o trivellamenti… scavo per mescolare mischiare e amalgamare… il concime buono deve essere rivoltato e allora spalo… rivolto e rivolto e rivolto… e mentre spalo per non sentire il puzzo canto… canto e cantando spalo e scrivendo spalo… arrivo nonno… un’altra buca no però… per favore… lo vedo che ormai è fatta e allora spalo che tutto un giorno sarà mio… e canto spalando e spalo.

E intanto sto qui appoggiato al mio palo
oggi
nell’ora violetta
nel tempo dei ritagli
dei conti
degli acconti
“in questo esercizio non si praticano sconti!”
e chi ci conta ormai
che anche la mamma il babbo la nazione
hanno detto vai vai
hanno detto vado vado
hanno detto sado maso
rispondo vado a caso
“ma non caro poeta
è quella la tua meta
insegui il tuo destino
non essere meschino”
alzare la testa e andare avanti
alzando i piedi e attenti alle fosse
attenti alle merde
attenti alle bombe
attenti al fango per l’amor di dio

toh! una conchiglia fossile
senza più il midollo
– il buono da mangiare –
già mangiato tutto e da tempo
immemorabile già tutto digerito:
appoggia a terra lo stomaco e l’orecchio:
un lento rimuginìo una pausa 
un rutto:
una puzza incontenibile di vecchio
di chiuso di stantìo
di andato a male da un secolo e mezzo almeno
buon pro vi faccia!
e io spalo alla faccia di chi giace
a pancia sotto, laggiù in fondo
con quattro denti in bocca
e il bicchiere sempre in mano
mezzo vuoto e mezzo pieno:
attenti fato largo marmocchi
gentaccia! brutti lerci schifosi!
non per bruciare vengo
che per quello c’è il sole,
vengo in pace a ricoprirvi di terra
a spalare e seppellendo disseppellire
attenti al capo agli occhi ai sassolini
alla polvere le buche le frane
i mancamenti
in mancati proventi
attenti attenti attenti
attenti alla storia
che marcia sempre avanti
alle storie attenti e ai canti
alle leggende i racconti
le morti i lieti eventi
il fumo le pasticche stupefacenti…

a palate ne sapevo di storie
storielle barzellette e salmi a gloria
bestemmie mille e mille in fila 
(dio lampadina la più bella)
memorie di re repubbliche e poeti
remoti ricordi appunti annotazioni 
minime emozioni
erezioni
azioni
un grosso libro e dentro i miei lunghi viaggi
oggi
nell’ora violetta
nel tempo dei ritagli
dei conti
degli acconti
mi sembra tardi 
per impiantare un raccolto
per insediare (insidiare)
un avamposto

e signornò signori no
io non ci sto a vedermi beffato
biffato
dalla storia con un gesto cancellato
e non mi nego mai
al telefono al citofono al fax
cellulare modem
“dammi il codice d’accesso
i segreti dell’ingresso
la lunghezza del tuo sesso”
e mai mai mai mi nego mai
mi faccio aspettare signori miei
signore mio signore mio pastore
mai
per questo spalo e spalo e cantando 
spalo e cantando spalo e spalo
che tutto un giorno sarà mio

allora è finita là sotto?… niente da fare… si sospettava tutti da tempo… da troppo tempo giaceva là in fondo… nella terra verminosa e puzzona… che schifo… scavo scavo… scava scava… poco ci manca affogavo dal puzzo… un’aria chiusa viziata… sì… che c’è professore?… un respiratore?… una tuta da sommozzatore… questa è la terra mica il mare… al posto dei pesci le talpe e i vermi… gli oggetti smarriti… no di certo immortali… fragili… come i ricordi… le cose delicate… la ceramica la terracotta… allora là sotto è finita?… tutta la vita a spalar merda era destino… sì arrivo arrivo… sono pronto… ci siamo… tira… issa issa issa…

oggi
nell’ora violetta
nel tempo dei ritagli
dei conti
degli acconti
vi siete presi tutto
non l’avete fatto apposta
– no davvero.

Tratto da S. Giusti, Leggenda e altri discorsi, Faenza, Mobydick, 2012, pp. 31-36 (già uscito sul numero 45 dell’estate 1997 della rivista «Tratti» e nei libretti del SWS).

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