Comunità di lettorə?

Nei prossimi giorni avrò occasione di parlare del concetto di “comunità di pratiche letterarie” con studiosə di didattica della letteratura e con insegnanti di diversa provenienza, prima nell’ambito della rassegna Didattica della letteraturaConfrontiamoci, con Bruno Falcetto e Elisa Gambaro (14 febbraio 2023 alle 15:00, esclusivamente online) e poi al primo incontro del ciclo di seminari di aggiornamento e formazione dell’Adi-Sezione Didattica intitolato Rileggere i classici a scuola, coordinato da Ambra Carta (17 febbraio alle 15:30, Aula magna del Liceo scientifico statale A. Einstein, anche online).

Sarà l’occasione per riprendere una riflessione iniziata molti anni fa, che ha trovato una prima formalizzazione nel libro Comunità di pratiche letterarie, scritto insieme a Natascia Tonelli e pubblicato da Loescher nel 2021, e che ancora dovrà essere approfondita e discussa, ma anche sperimentata e messa ulteriormente alla prova nella pratica didattica. Si tratta, in estrema sintesi, di mettere al centro dell’insegnamento letterario le persone che ricorrono alla lettura e alle altre pratiche letterarie, ovvero lə studenti in carne e ossa, non in quanto lettorə modello ma proprio in qualità di «io leggente» (come direbbe Vittorio Spinazzola), di «particular reader» (Louise Rosenblatt) o di «soggetto lettore-scrittore» (secondo la tradizione degli studi di area francofona). Se infatti fino a questo momento – e già a partire dalla fine degli anni Ottanta, con Vittorio Coletti e Remo Ceserani e poi con Romano Luperini e Guido Armellini – si è parlato di centralità dell’interpretazione e di comunità interpretante o ermeneutica, facendo riferimento alle teorie della ricezione e della risposta del lettore, negli ultimi vent’anni si sono affermate, sia nell’ambito degli studi letterari, sia nello specifico campo di ricerca della didattica della letteratura, tendenze e linee di ricerca che hanno preso a riferimento gli effetti della lettura letteraria sugli esseri umani, tenendo conto delle condizioni ambientali e culturali in cui vivono e delle specifiche situazioni in cui avviene la fruizione letteraria. Per la prima volta, nella storia della didattica della letteratura, si prende a riferimento dell’insegnamento letterario l’esperienza del lettorə comune e non, come in passato, quella del lettorə professionista, criticə, filologə o intellettuale che sia.

È un passo avanti di non poco conto, di cui occorre essere consapevoli per comprendere il nuovo paradigma dell’insegnamento letterario che si sta diffondendo in molti sistemi educativi, il cosiddetto modello della crescita personale, che in Italia stenta a trovare spazio se non attraverso gli approcci narrativi all’orientamento e alla didattica laboratoriale e le pratiche laboratoriali importante dallo statunitense Reading and Writing Project. Ripartire dallə studentə, dalle pratiche e dall’esperienza letteraria dellə studentə, come auspicava già nel 1962 Bruno Ciari nel suo capitale Le nuove tecniche didattiche, comporta un lungo processo di ascolto e di graduale costruzione di un ambiente in cui sia possibile un’interazione autentica, in cui – fin dall’inizio della scuola del primo ciclo – sia possibile sviluppare modi di vita che comportino l’espressione orale e scritta, e poi la fruizione e la produzione letteraria, dalla lettura in comune alla lettura individuale, dalla scrittura epistolare (una delle più necessarie) all’invenzione romanzesca, fino ad arrivare alla condivisione delle proprie espressioni artistiche e delle proprie interpretazioni. Dal punto di vista della ricerca, significa altresì verificare la validità e l’impatto di dispositivi, metodi e tecniche didattiche laboratoriali, ed individuare e specificare concetti e teorie in grado di supportare un cambiamento sempre più urgente e necessario.

Insieme a Natascia Tonelli abbiamo cercato di rintracciare le fondamenta di questo approccio all’insegnamento letterario nel modello dell’onesta brigata di Boccaccio, secondo cui l’ascolto è il motore dell’invenzione ma è anche il fondamento del nuovo ordine sociale che le ragazze e i ragazzi del Decameron costituiscono dopo che l’intera città di Firenze ha perso la capacità di dare un senso alla vita. Come scrive Siri Husvedt nel suo bellissimo Siri Husvedt, Ricordi del futuro (trad. it. di Laura Noulian, Torino, Einaudi, 2019, pp. 143-44):

Sharhazād era un topo di biblioteca. Leggeva filosofia, storia, scienza, poesia, e il ritmo delle sue storie le permise di restare in vita, notte dopo notte, perché il grand’uomo ascoltava, e ascoltandola andava avanti e indietro nel tempo e percorreva tante di quelle strade finché non diventa una persona diversa, ed è allora che arriva il momento in cui tutte le storie sono state raccontate, e il libro finisce. Non c’è alcuna storia senza un ascoltatore, Signora. Ho bisogno di te come mio testimone intimo, perché senza di te nessuna delle mie storie sarà mai vera.

Non unə qualsiasi, non unə per tuttə: tu, proprio tu, proprio io, noi, per il tempo che occorre, alle condizioni date, qui e ora, insieme.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *