Le competenze dell’italiano (ovvero della letteratura a scuola e della formazione degli insegnanti presenti e futuri)

Non riesco ad abituarmi. Svegliarsi in un grande albergo rivestito di moquette è un’esperienza sempre spiacevole. Vuol dire “convegno”, “congresso”, “ministero”… Vuol dire: riusciremo un giorno a trovare metodi e luoghi migliori per ragionare insieme? In attesa di tempi migliori, sono qui ad ascoltare i colleghi del progetto COMPITA. Si parla di insegnamento letterario a scuola e all’università. Si dicono cose interessanti, alcune utili, altre meno. Si insiste sull’esigenza di insegnare la didattica della letteratura italiana. Giusto. Ci si preoccupa delle sorti magnifiche e progressive della letteratura. E questo è meno giusto, perché ci dovremmo preoccupare delle sorti dei bambini e dei ragazzi, soprattutto.
“Sono fermamente convinto – ho scritto un paio di anni fa – che sia più significativo ed efficace lavorare al fine di consolidare la consapevolezza pedagogica dei docenti circa gli strumenti utilizzati e, quindi, introdurre nuovi strumenti, esercizi, attività didattiche, piuttosto che discutere sull’opportunità o meno di studiare un autore, un’opera o un tema piuttosto che un altro” (S. Giusti, Letteratura e competenze: una questione didattica, in Per una letteratura delle competenze, a cura di N. Tonelli, Loescher, Torino 2013, pp. 84-95). La salvezza della letteratura passa attraverso i bambini e i ragazzi che si salveranno grazie alla lettura e alla scrittura.

Un commento

  1. Concordo con questa interpretazione.La letteratura – come le Arti – ha il suo più alto successo quando trasforma, arricchisce, orienta la persona. Per questo è utile esercirarsi nella didattica della lettura e far
    esercitare i nostri alunni nella scrittura creativa , che, partendo dagli spunti degli Autori , danno l’opportunità di conoscersi e confrontarsi. (Attenzione: La moquette scatena le allergie! )

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