Introduzione a un libro sui Promessi sposi

Poggio a Caiano, 3 ottobre del 1828: in occasione del suo trentunesimo compleanno il granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena organizza una festa durante la quale vengono realizzati dei tableaux vivants dei Promessi sposi. I personaggi, gli ambienti e le vicende narrate nel romanzo manzoniano, prontamente tradotti in immagini già alla fine del 1827 da alcuni disegnatori e litografi milanesi, sono messi in scena pubblicamente, spettacolarizzati dai corpi delle attrici e degli attori, fissati all’interno di una cornice ideale e bloccati in una gestualità e una mimica accuratamente progettate e disegnate nei minimi particolari, così come i costumi e gli oggetti di scena. Spettatori e attori, separati dalla quarta parete, cooperano alla costruzione provvisoria ma non per questo aleatoria di una situazione comunicativa basata interamente sullo sguardo, una specie di teatro muto o, anche, di pittura senziente, in cui i personaggi osservati hanno la possibilità di sentire sulla pelle gli occhi del pubblico e di ascoltare i commenti, le risate, gli sbuffi, le chiacchiere distratte di chi è interessato soprattutto alla festa e non ha intenzione di prendere parte al gioco. 

Niccolò Cianfanelli, Storie dai Promessi sposi (1834-1837), Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti

Il romanzo dei Promessi sposi, sottoposto a un processo di traduzione e di rimediazione, viene sfrondato delle parti storiche, delle digressioni, della stessa voce narrante, e ricondotto al suo minimo comune denominatore, la scena in cui almeno due personaggi interagiscono in pubblico, sotto gli occhi di chi legge (ed è uno sguardo tutto mentale, che dipende dalle capacità di visualizzazione). Si tratta di un’esperienza non estranea a chi abbia avuto occasione di praticare, nel contesto scolastico, una didattica della letteratura laboratoriale, tesa a valorizzare la dimensione cognitiva delle opere e a favorire una fruizione estetica delle stesse, in modo che ciascuno studente possa intendere per prova cosa significhi costruire il mondo narrato, immergersi nella storia, fare esperienza di situazioni altrimenti inaccessibili grazie alla mediazione del racconto. A partire da un’esperienza di lettura significativa – la cui accessibilità può essere favorita da pratiche didattiche non dissimili dai giochi teatrali della corte lorenese – è possibile poi discutere dell’esperienza compiuta, commentarla insieme, rielaborarla, in modo da dare consistenza a quella che rimane l’ambizione più alta dell’insegnante di letteratura: la costruzione di una comunità ermeneutica.

I capitoli che seguono, tutti dedicati alla descrizione e interpretazione dei Promessi sposi, prendono le mosse dalla convinzione – maturata anche durante l’esperienza di insegnamento nella scuola secondaria, oltre che dalle ripetute letture e dagli ascolti del romanzo letto ad alta voce da Paolo Poli – che questo romanzo, grazie ad alcune sue potenzialità estetiche ed euristiche che trovano la loro la massima realizzazione e anche la loro giustificazione nella fenomenologia degli incontri interpersonali, rappresenti una risorsa fondamentale per la didattica della letteratura e che per metterla a frutto possa essere utile rileggerlo ancora una volta prestando attenzione a cosa succede quando i personaggi si trovano faccia a faccia, predisposti alla reciproca comprensione e pronti a imparare dall’incontro con l’altro.

Premessa a Simone Giusti, A viso a viso. Corpi che si incontrano nei Promessi sposi, Quodlibet 2022, pp. 9-10.

Per approfondimenti: la scheda del libro sul sito di Quodlibet.
Un’intervista di Eleonora Fortunato su Orizzonte scuola.
Un’intervista su Letture.org.

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